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Messaggio Da Michael Lun Ott 20, 2008 2:18 pm

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta
Di Daniele Turchi (del 20/10/2008)

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta Di Daniele Turchi Cervino


Il patois (dialetto valdostano)

Il patois, è una lingua francoprovenzale che può vantare dizionari e opere letterarie. In realtà vi sono numerosi patois, piuttosto differenti da valle a valle. Viene parlato tuttora da una buona fetta di popolazione, specialmente nelle valli laterali dove maggiore è la percentuale della popolazione autoctona.

Le prime composizioni scritte sono opera, a metà ottocento, del curato J.B. Cerlogne, iniziatore del patois letterario, cui dobbiamo anche una grammatica ed un dizionario. Anche autori letterari contemporanei hanno scelto di esprimersi in dialetto. Sono state adottate diverse grafie per rendere i suoni della nostra lingua che comprende suoni inesistenti nel francese o nell’italiano.

Attivi sono anche diversi gruppi teatrali locali che propongono ogni anno nuove opere in patois così come alcuni cantautori che si esprimono in dialetto. Vi proponiamo due composizioni di J.B. Cerlogne, tra cui la celebre bataille di vatse a Vertosan, e alcune opere di un autore contemporaneo, il poeta Marco Gal. Recentemente sono stati tradotti in patois alcuni libri della Bibbia.

Lo Charaban è il gruppo teatrale in patois più noto della regione. Ogni anno i biglietti per la settimana di rappresentazioni vengono venduti in pochi minuti, con persone che per trovare un posto fanno la coda per quasi 48 ore!

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta Di Daniele Turchi Alpeggio


La vita negli alpeggi...

L'organizzazione degli alpeggi per lo sfruttamento dei pascoli alpini è uno degli aspetti più originali e caratterizzanti dell'economia, del paesaggio e della cultura valdostana.

Da secoli, durante l'estate, i capi di vari allevamenti vengono riuniti per formare mandrie di 80-150 bovini e condotti in montagna per brucare i vasti pascoli in quota della nostra regione (4/5 del territorio sono al di sopra dei 1.600 m!).

La stagione dell'alpeggio dura tipicamente circa 100 giorni, tradizionalmente da San Bernardo (15 giugno) a San Michele (29 settembre). L'erba delle praterie alpine è bassa ma molto nutriente e ricca di fiori, capace di fornire un latte molto grasso ed aromatico. Mentre le mandrie sono in montagna, sul fondo valle si possono falciare i prati e accumulare scorte di fieno per l'inverno. La gestione tradizionale dell'alpeggio era piuttosto complessa e richiedeva diversi addetti cui erano affidate mansioni specifiche: pastore, aiuto-pastore, casaro, addetto alla salatura della fontina, addetto alla manutenzione dei ruscelli, alla pulizia della stalla, al trasporto, tutti inoltre partecipavano alla mungitura, praticata due volte al giorno. Erano impiegati anche ragazzi che trasportavano i secchi del latte ed aiutavano in svariati compiti.

Ancora oggi l'automazione di queste attività è molto ridotta ed è importante il ricorso alla manodopera di immigrati, in primo luogo marocchini, albanesi e polacchi.

In alpeggio si produce fontina, talvolta burro e, in passato, "brossa" e "seras" per l'alimentazione degli alpigiani.

Le vacche impiegate sono di razza valdostana pezzata rossa, pezzata nera e bruna valdostana, animali rustici, adattati all'ambiente alpino. In alpeggio queste bovine si scontrano istintivamente fra loro per stabilire una gerarchia. Questi scontri sono molto seguiti dagli allevatori che organizzano dei combattimenti fra le regine dei diversi alpeggi. Oggi le batailles de reines sono organizzate in un vero e proprio torneo con qualificazioni e finale regionale.

Al termine della stagione degli alpeggi si svolge la desarpa, la discesa a valle di mandrie e pastori. Per l'occasione la "regina delle corna" - il capo dominante - viene adornata da un trofeo (bosquet) rosso, mentre la "regina del latte" - la più produttiva - da un trofeo bianco. Si tratta di una vera e propria festa che un tempo terminava con un trionfale ingresso nel villaggio. Oggi la désarpa viene ripresa in alcuni villaggi e celebrata ogni due anni con festose manifestazioni e défilé di mucche nelle vie del centro cittadino di Aosta.

Le razze bovine valdostane...

La Valdostana Pezzata Rossa, come le altre razze pezzate rosse delle regioni attorno al Monte Bianco, deriva, molto probabilmente, dai bovini introdotti dai Burgundi verso la fine del V secolo. E' la razza autoctona a maggiore diffusione dell'arco alpino occidentale, perfettamente adattata alle condizioni geografiche e climatiche delle Alpi.

La Valdostana Pezzata Nera e la Castana rappresentano, con la loro cugina Hérens (Svizzera), il gruppo bovino autoctono che ha popolato originariamente l'arco alpino, derivato probabilmente dal "Bos Brachyceros". Le razze brachicefale (dal cranio largo) si differenziano per il loro carattere vivo e per la loro rusticità. I ceppi Valdostana Pezzata Nera e Castana si differenziando unicamente per il colore del mantello.

Meno produttiva della pezzata rossa è più combattiva e più utilizzata per i combats des reines.

Nel 2006 erano censiti in Valle d'Aosta 22.245 capi bovini di pezzata rossa e 14.244 di pezzata nera/castana. In totale la nostra regione conta oltre 38.000 vacche, cioè circa una ogni tre abitanti, il più alto rapporto bovini/abitante d'Italia.

L'Arev, Associazione regionale degli allevatori valdostani, si occupa, fin dal 1978, del miglioramento delle razze locali (bovine, caprine ed ovine) e della promozione dei prodotti da esse derivate. Inoltre garantisce una costante assistenza ai titolari d'azienda in materia di produttività, igiene, ecc.

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta Di Daniele Turchi Battagliareines


Battailes des Reines...

Letteralmente: battaglie delle regine. Si tratta di confronti incruenti fra bovine - che hanno un istinto innato alla territorialità e alla dominanza gerarchica - il cui esito determina la gerarchia all'interno di ciascuna mandria.

Oggi questa pratica è regolamentata (le vacche devono essere gravide e sono suddivise per peso) ed è organizzato un autentico torneo, articolato in venti eliminatorie ed una finale regionale che si svolge in autunno ad Aosta in un'apposita arena.

Dopo la Fiera di S. Orso, è la manifestazione che attira il maggior numero di spettatori nella regione. La bataille più tradizionale è probabilmente quella che si svolge nel vallone di Vertosan, a monte di Saint-Nicolas (ma in comune di Avise).

Gli sport popolari...

In primavera e in autunno hanno luogo in tutta la Valle d'Aosta i campionati degli sport popolari. Si tratta di tradizionali giochi di rimando (antenati del baseball) comuni, con numerose varianti, ad altre regioni. Le partite si svolgono all'aperto e vengono utilizzati ancora oggi attrezzi (palline e mazze di legno) prodotti artigianalmente.

Il fiolet e la rebatta sono abbastanza semplici: due squadre di 5 giocatori (ma esistono anche tornei individuali), utilizzando una mazza di legno, devono alzare una pallina di legno e, colpendola al volo, scagliarla il più lontano possibile. Nel fiolet la pallina, che in realtà è ovale, viene posta su di un sasso e sollevata colpendola nella parte oblunga; nella rebatta la pallina, questa volta sferica, è sollevata grazie ad una specie di pipa poggiata sul terreno.



Nello tzan (che letteralmente significa campo) si affrontano due squadre di 12 giocatori. Il gioco si svolge in più fasi. Nella prima fase, a turno, i giocatori di una squadra devono lanciare la rebatta (una pallina di legno rinforzata con chiodi) nel campo avversario. La rebatta viene posta su di una pertica inclinata e colpita con un lungo bastone. I lanci sono violenti e possono arrivare ad un centinaio di metri di distanza (non c'è limite in lunghezza al campo). I giocatori avversari devono intercettare al volo la rebatta con una paletta di legno. Per ogni rebatta fatta cadere nel campo avversario il giocatore acquisisce altrettanti lanci per la seconda fase nella quale un giocatore avversario lancia molto in alto la solita rebatta che deve essere colpita al volo con una robusta paletta di legno e, con al massimo tre colpi, lanciata il più lontano possibile. Viene misurata la distanza raggiunta e sommati tutti i tiri di tutti i giocatori. Terminati i lanci di una squadra, si invertono i ruoli: chi lanciava dalla pertica passa a difendere sul campo e viceversa. Poi si ripete il tutto con una seconda serie di battute. Vince, ovviamente, chi totalizza la maggiore lunghezza complessiva. Le partite di tzan durano abitualmente 3 o 4 ore.

Un altro gioco tradizionale è il palet: si tratta in sostanza del classico gioco dei piattelli e si gioca con dischi di ferro. Le regole sono simili al gioco delle bocce.

Per ognuno di questi sport ci sono numerose squadre, divise in categorie ed organizzate in tornei. Ogni anno si tengono un torneo primaverile ed uno autunnale. Per scoprire le autentiche tradizioni della regione, lontano dalle manifestazioni folcloristiche, consiglio assolutamente di vedere una partita di uno di questi sport.



Il carnevale (coumba freide)...


Il carnevale è una ricorrenza ancora molto sentita in molti comuni della Valle d'Aosta dove rappresenta tuttora un momento di aggregazione sociale oltre che di divertimento. Alcune tradizioni sono comuni ad altre zone di montagna e discendono da arcaici riti propiziatori legati alla fine dell'inverno e all'arrivo della primavera.

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta Di Daniele Turchi Carnevalevallee


Il carnevale più originale della regione è certamente quello della valle del Gran San Bernardo, detta "Coumba freida" per la sua nomea di zona gelida. La prima notizia documentata riguarda Bosses e risale al 1467. I costumi sono molto caratteristici e risentono della forte impressione che il passaggio dei 40.000 soldati al seguito di Napoleone - nel maggio del 1800 - ebbe sulla popolazione locale. Le landzette - i personaggi tipici di questi carnevali - indossano infatti costumi colorati e cappelli che ricordano le uniformi napoleoniche. Questi abiti costosi, confezionati interamente a mano, sono adorni di perline e paillettes (fino a 30.000 per costume) e di specchietti che riflettono la luce e allontanano le forze maligne. Il volto delle landzette è coperto da una maschera (vesadjie) un tempo di legno, oggi solitamente di plastica; in mano tengono una coda di cavallo ed in vita hanno una cintura munita di un campanello. Questi ultimi elementi vengono interpretati dagli antropologi come strumenti simbolici per scacciare gli spiriti avversi. Quasi tutti i comuni della vallata, con varianti più o meno importanti, hanno consuetudini simili.

Gli ultimi giorni di carnevale si svolgono delle sfilate ufficiali, ma già nelle settimane precedenti, piccoli gruppi mascherati (patoille) fanno visita alle famiglie delle diverse frazioni dove vengono accolti festosamente per bere, mangiare, cantare e scherzare.

A Saint-Rhémy-en-Bosses la sfilata si svolge con un corteo rigidamente codificato da lungo tempo, anche se alcuni elementi sono di introduzione piuttosto recente. Il corteo è aperto da Napoleone - talvolta anche a cavallo - ma è un personaggio apparso solo negli ultimi anni. Viene quindi la guida che porta una bandiera e dirige la sfilata con la sua cornetta. Seguono poi alcuni suonatori che precedono il diavolo che indossa un corto mantello rosso bordato di bianco. Ha un aspetto spaventoso e col suo forcone stuzzica le persone. Seguono, a coppie, personaggi amabili: arlecchini e signorine. Vengono poi i colori, prima i neri (che simboleggiano l'inverno) seguiti dai bianchi (la bella stagione) e in vario ordine tutti gli altri. In fondo al gruppo il matto e la matta, due anziani sposi dai vestiti stracciati, secondo il tipico rovesciamento di ruoli del carnevale. I due procedono litigando di continuo. Lui fa scherzi agli uomini e alza la gonna delle donne, causando la gelosa reazione della moglie che lo batte col bastone. Arrivano infine l'orso - che simboleggia la natura e la fecondità - ed il suo domatore che lo tiene al guinzaglio. L'orso è molto dispettoso, insegue le persone e si tuffa con loro nella neve. Di più recente apparizione sono il medico, l'infermiere e il parroco che chiudono la Mascarade.

Fuochi di S Giovanni e di SS Pietro e Paolo...

Ha certamente origini antiche e pagane la tradizione di accendere fuochi in occasione del solstizio d'estate. In alcune località questo "rito" viene praticato il 24 di giugno (San Giovanni), in altre il 29 (Santi Pietro e Paolo). Appena fa notte vengono appiccati grandi falò, visibili da molto lontano. Attorno ai fuochi ci si ritrova per fare festa bevendo, mangiando e cantando. Negli ultimi anni è sempre più diffusa l'abitudine di accendere questi fuochi sulla cima delle montagne.

Cultura e Tradizioni - Valle d'Aosta Di Daniele Turchi Sorso


Sant'Orso, la Calendora valdostana...

La Candelora è collocata a metà dell'inverno astronomico, il 2 febbraio, tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. L'origine della festa è antica e si può ritrovare nei Lupercalia latini e nella festa celtica di Imbolc. Negli Stati Uniti la Candelora è diventata il giorno della marmotta (Groundhog Day) in cui, secondo tradizione, la marmotta esce dalla tana e guarda la sua ombra: se è visibile, cioè se c'è il sole, l'inverno durerà ancora 6 settimane.

In Valle d'Aosta l'equivalente è il primo febbraio, festa di Sant'Orso. Qui la tradizione, comune alle regioni limitrofe, attribuisce all'orso la capacità divinatrice di predire il tempo. Se quel giorno il tempo è bello, infatti, l'orso mette a seccare il proprio pagliericcio perché l'inverno durerà altri 40 giorni.

La vigilia di Sant'Orso, il 30 e 31 gennaio, si tiene ad Aosta la millenaria Fiera di Sant'Orso, evento di grande richiamo e occasione unica per ammirare - ed eventualmente acquistare - il meglio della produzione artigianale valdostana.
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